La Val Borbera

I volti qui sotto sono solo alcuni degli incontri che potreste fare sul Cammino dei Ribelli. Un cammino nato per consentire alla val Borbera di raccontare le sue molte e affascinanti storie. E per creare un’esperienza dentro la quale i camminatori in arrivo abbiano voglia di ascoltarle, di cercarle, di trasmetterle. Un cammino sociale dà valore alle storie passate, presenti e future. Le storie passate perché fanno l’essenza e la memoria unica, irripetibile di un luogo, rendendolo differente da qualunque altro: queste storie le potrete trovare così solamente in val Borbera. Le storie presenti sono l’incontro con le energie vive e vivifiche che abitano un territorio spopolato, apparentemente senza nulla da offrire, e tratteggiano le realtà virtuose (agricole, artigiane, sociali, ospitali, artistiche, culturali, sportive…) che sanno dire oggi l’essenza più significativa di queste terre. Le storie future sono quelle che anche grazie al cammino, allo scambio tra camminanti e abitanti, potranno generarsi. Storie – magari – di innamoramenti e ritorni a questa terra, di impegno concreto per la sua valorizzazione, di recupero delle sue tradizioni più belle e delle sue virtù più umane.


Un torrente incantato

Cuore del Cammino dei Ribelli è il torrente Borbera, il cui nome sembra provenire da un termine indoeuropeo dal significato onomatopeico, il suono dell’acqua che scorre. Il Borbera nasce dalla confluenza dei torrenti Carreghino e Cosorella, e accoglie lungo la valle le acque di altri affluenti ormai stagionali come il Gordenella, il rio Campassi, il Sisola, il rio Avi. Abbiamo voluto fortemente che il tracciato del cammino sociale incontrasse spesso il Borbera. Il tratto che si percorre nelle Strette è un’esperienza chiave, anche se impraticabile nei mesi più freddi. Nelle Strette potrete ammirare i conglomerati di Savignone che costituiscono il canyon, fare un bagno nei laghetti che si creano lungo i costoni di roccia, osservare una sorgente pietrificante e gustare un silenzio ricco di suoni e rumori fuori dal tempo.


I villaggi di pietra

Paesi abbandonati, da Rivarossa (seconda tappa) a Reneusi, passando per Chiapparo (quarta tappa), Avi e Camere. Toccando qua e là anche gli antichi mulini come il Mulino Gelato di Croso o il Mulino di Agneto (quinta tappa), e in bassa valle gli essiccatoi per le castagne (prima e settima tappa). Il cammino vi porta a toccare con mano la storia della civiltà contadina, il dramma dello spopolamento, le intuizioni incredibili di un’altro modo di produrre, consumare, commerciare, che oggi in parte può forse essere recuperato e messo a frutto. Sono storie di umanità, ingegno, fatica, comunità. Storie ancora vive nelle memorie degli abitanti, che raccontano di un appennino coltivato, abitato e organizzato che oggi ci lancia sfide “ribelli” per un futuro da scrivere.


La resistenza partigiana

(dal sito del Museo della Resistenza e Vita Sociale in Val Borbera – Rocchetta Ligure)

A partire dall’estate 1944 i gruppetti di ribelli che si erano formati qua e là nella zona prealpina e sull’Appennino divennero più consistenti. Circolava la voce che la guerra stesse per finire e gli arrivi dalle città erano aumentati. Nel frattempo però molte cose erano cambiate. La ricerca di renitenti e disertori da parte di Salò si era fatta più feroce e l’idea che la montagna fosse un posto sicuro era tramontata. Nell’aprile del 1944, nell’Ovadese un gruppo ribelle insediato alla Benedicta era stato sorpreso: molti i fucilati sul posto e i sopravvissuti deportati in Germania. Era chiaro che c’era bisogno di aiuto e specialmente di convincersi delle proprie ragioni. Importante fu l’arrivo nelle varie formazioni di persone, di 10-15 anni più vecchi dei ragazzi presenti, usciti dal carcere o dal confino dopo la caduta del fascismo. Al carcere e al confino il governo fascista aveva condannato comunisti, socialisti, cattolico-popolari e in generale gli oppositori politici. Furono loro a portare dentro i piccoli gruppi ribelli le parole della politica, le idee di libertà e specialmente l’antifascismo. I ragazzi nati durante il fascismo, e che per il fascismo non volevano fare la guerra, di politica ne masticavano poca. 

Tra i vari gruppi e gruppetti di renitenti e ribelli formatisi nell’area appenninica di Genova e la Riviera da un lato e l’Alessandrino dall’altro, due in particolare ebbero importanza per dare vita a quella in seguito sarebbe diventata la Sesta Zona Partigiana. Il primo, guidato da un ufficiale del Genio, Aldo Gastaldi “Bisagno” prese corpo a Cichero, in valle Fontanabuona, dalla primavera del 1944. Da lì prese ad espandersi verso la val d’Aveto e poi, da luglio 1944, verso l’alta val Trebbia, il confine orientale dell’Alessandrino dove a Sisola, in val Borbera, s’era formata la banda comandata da Franco Anselmi, “Marco” un ufficiale dell’aeronautica.

Tra il 25 e il 27 agosto del 1944 alle “strette di Pertuso”, all’uscita delle della Val Borbera, partigiani della formazione di Marco e altri provenienti da quella di Bisagno combatterono una  importante battaglia contro le truppe tedesche e repubblichine. A ottobre del 1944 dall’unione dei due gruppi nacque la 58° Brigata Oreste, comandante Aurelio Ferrando, ‘Scrivia’ e commissario politico Giambattista Lazagna ‘Carlo’ dipendente dalla divisione Cichero comandata da Bisagno.

Da allora, distrutto a ottobre 1944 il ponte del Carmine alle strette di Pertuso per rendere la valle inaccessibile  ai   mezzi  corazzati,  la  media  e  alta   Val Borbera  e  le  valli  limitrofe  Sisola e  Curone, passarono sotto il controllo partigiano. Una presenza giudicata insopportabile da tedeschi e fascisti che tra novembre e dicembre organizzarono un duro rastrellamento col fine di cancellare i partigiani. Molti i paesi tra cui Rocchetta e Cabella furono invasi dai ‘mongoli’ della Divisione Turkestan, ex prigionieri caucasici addestrati dai tedeschi alla guerriglia antipartigiana. Fu in realtà una azione di rappresaglia contro le popolazioni che subirono razzie, devastazioni e violenze specie ai danni della popolazione femminile. Ma già tra dicembre ’44 e gennaio ’45 i partigiani erano tornati ad occupare le antiche posizioni. 

La battaglia di Pertuso, tra 25 e 27 agosto 1944, fu l’inizio di una collaborazione militare e di un coordinamento che toccò un po’ tutte le situazioni ribelli dell’area. Per le necessità della più elementare sopravvivenza, l’acquisto di derrate alimentari per le formazioni, i denari venivano dalle città dove nel frattempo si erano formati clandestinamente i Comitati di Liberazione Nazionale, i C.L.N. di cui facevano parte con un loro rappresentante tutti i partiti antifascisti (Democrazia Cristiana, Partito comunista, Partito socialista, Partito liberale, Partito d’azione, Partito repubblicano). Dal punto di vista militare invece la montagna fece da sola. La svolta venne alla fine dell’estate del 1944. In agosto c’era stato un forte rastrellamento che aveva investito la val d’Aveto e la val Trebbia che solo per fortuna non si era trasformato in catastrofe. Era evidente che bisognava dar vita ad un coordinamento dei gruppi partigiani: definire con precisione le rispettive zone operative, equilibrare l’accesso alle risorse finanziarie, concordare precise regole di comportamento nei confronti della popolazione dei paesi ospitanti. Per questo a fine settembre 1944 venne creato un Comando Zona (la Sesta Zona Ligure) con il compito di regolare questa materia e tenere i rapporti anche con le vicine zone di insediamento partigiano. Nell’occasione venne anche concordata l’articolazione militare (divisioni, brigate, distaccamenti e nuclei) e gerarchica del movimento (comandanti, commissari politici ecc.). Una organizzazione non troppo diversa da quella di un esercito regolare, necessaria anche per rispondere alle richieste del Quartier Generale alleato insediato a Roma che a questa subordinava l’invio degli aiuti militari. 

Il Comando Zona, divenne l’interlocutore privilegiato delle missioni alleate presenti in Zona, piccoli gruppi di militari  paracadutati alle spalle dei germanici e di Salò col compito di fiancheggiare i gruppi partigiani. Le missioni, oltre ad informare il comando alleato sull’orientamento politico dei partigiani, erano impegnate a rifornirli di armi e vestiario con lanci coordinati dalle loro radio. Dopo la missione Walla Walla, comandata da W.C.Wheeler, paracadutata a Gorreto in val Trebbia il 12 agosto 1944 e rientrata a Sud alla fine dello stesso mese, nel gennaio del 1945, sulle pendici del Monte Antola, spartiacque tra Liguria, Piemonte ed Emilia, vennero paracadutate le Missioni americana “Peedee” (soldati e ufficiali italo-americani) e la britannica “Clover”. Il loro compito era quello di prendere contatto con il comando della VI Zona Operativa Ligure, coordinando gli aviolanci in previsione del miglioramento delle capacità offensive del movimento partigiano della Sesta Zona. 

​Nella parte alta della Val Borbera, un territorio montano aspro e, specie in tempo di guerra, difficilmente accessibile, si trova Carrega. Da qui, lungo impervi sentieri e faticose mulattiere era possibile intrecciare le zone d’azione delle diverse formazioni partigiane dell’Alessandrino, del Genovesato, del Pavese e del Piacentino, senza dover scendere a valle. Fattore d’importanza strategica alla base della scelta di insediarvi le basi operative delle missioni Alleate, impegnate a sostenere i partigiani con aviolanci d’armi, esplosivi, medicinali, vestiario, denaro, cibo.

Visita il Museo mentre percorri il Cammino dei Ribelli: https://www.museorocchettaligure.org/


Mangiare e bere una valle

Nei ristoranti, agriturismi e locande della Val Borbera potrai assaggiare e gustare con tutti i tuoi sensi questo territorio d’Appennino a lungo dimenticato.
La prelibatezza del formaggio Montebore, presidio slow food, leggenda dice selezionato da Leonardo Da Vinci in persona, e salvato dall’oblio grazie ad un “ribelle” dei giorni nostri.
La tradizione vinicola del Timorasso che – tenuto in vita da pochi viticoltori determinati e lungimiranti – ha saputo varcare i confini della valle fino a molto lontano.
Il salame nobile del Giarolo prodotto in allevamenti locali a conduzione famigliare.
E ancora varietà particolari e antiche come la fagiolana bianca e la mela carla.
In tavola troverete piatti semplici, caserecci, dalla storia mescolata come mescolati sono sempre stati gli scambi su questi crinali al confine di Quattro Province e quattro regioni. Le stagioni e i nostri boschi offrono funghi e castagne, ma qualcuno sta riuscendo a recuperare anche grani antichi per fare il pane, qualcun altro fa un’ottima birra artigianale e un miele di castagno sopraffino.

Vuoi saperne di più?
https://www.viviborberaespinti.it/


Voci ribelli oggi

Emanuela del Fiorile / Castel Ratti

Guido Oliveri del CAI Novi Ligure

Silvio Piella del CAI Novi Ligure

Irene Zembo di BorberAmbiente / Cabella

Martina di Cascina Barbàn / Albera Ligure

Paolo Ferrari di Appennino4P / Cosola

Marco Guerrini / Carrega Ligure

Cristiano Zanardi di A un passo dalla vetta

Marco e i ribelli di Ferrazza / Valle dei Campassi

Don Luciano del Maggiociondolo / Dova

Domenico dell’Albergo Alpi / Borassi

Luca e Simone a Magioncalda

Maurizio Carucci a Cascina Barbàn / Albera


Storie ribelli del passato

I Liguri

I banditi sotto la monarchia

Il partigiano Fjodor e la Resistenza in valle

Shri Mataji Nirmala Devi e la fondazione Sahaja

Montebore: il formaggio nuziale di Leonardo da Vinci


Festival, Eventi, Percorsi tematici


Libri su cultura e storia

Selezione a cura di Paolo Ferrari. Scopri la collana Menussie de gea.


Tornare in Val Borbera

Il Cammino dei Ribelli vuole offrirti una scoperta lenta, personale e variegata della valle. E darti un motivo per tornare. Può essere un bagno nel Borbera, una mangiata come si deve in qualcuno dei ristoranti e agriturismi lungo il percorso, ma anche l’esplorazione di quelle bellezze che il cammino non riesce a toccare (pensiamo al Castello di Borgo Adorno, al monte Giarolo o ai crinali dei monti Ebro, Chiappo e Antola). E poi ci sono i festival, gli eventi e le occasioni speciali.

Per gli amanti del trail running c’è Le Porte di Pietra ogni anno in primavera.

Per gli amanti del trekking c’è l’Anello 200 Borbera – Spinti, l’alta via di queste valli, e le proposte di BorberAmbiente.

Per i buongustai c’è il Tour Gastronomico delle Valli Borbera e Spinti, da oltre 40 anni, e i weekend di Paradiso Val Borbera.

Per chi cerca una dimensione spirituale e di benessere interiore ci sono gli appuntamenti della Fondazione Sahaja Yoga, e il Festival delle Culture dello Spirito ogni anno ad agosto.

(in aggiornamento)

Back To Top